Dopo “Tempo di Libri”

Tempo di bilanci. Inevitabili, almeno per la prima edizione. Ed inevitabilmente si parla di numeri, tanto per cominciare: circa 70.000 utenti, tra salone vero e proprio e Fuori Tempo di libri, manifestazione che si ispira al Fuori salone (del mobile). Pessimo risultato, messo a confronto con Torino? Ottimo risultato, considerando che era la prima edizione? Non saprei. Al solito ognuno la vede attraverso la propria prospettiva: un flop per gli organizzatori del Salone torinese, un successo per quelli della fiera di Milano.

Ho letto molti articoli, qualche intervista, e devo dire che non riesco a farmi un’idea precisa. Sul sito della manifestazione l’ottimismo è d’obbligo; si snocciolano entusiasticamente numeri su numeri, di ospiti, visitatori, eventi, sedi, visualizzazioni, citando anche il sindaco Sala che si è dichiarato “estremamente soddisfatto” (dimenticando però di citare la problematica, sollevata proprio dal sindaco, della scelta delle date, ritenute poco felici); ma poi un’intervista alla responsabile del programma della fiera riporta ad una maggior cautela: certo, per essere la prima edizione la considero un successo, ma i numeri non mi interessano – come dire: non potete attaccarci su questo, non ha importanza. Altri commenti sembrano meno entusiastici, sottolineando soprattutto i mancati obiettivi di affluenza. Cercherò quindi di esporre le mie impressioni, senza tener conto dei numeri e dei pareri degli “esperti” del settore.

Arrivo a Fiera Milano alle 11 di sabato; trovo parcheggio gratuito, non mi sembra un buon segno. Voglio dire: frequento spesso Fiera Milano, e non mi è mai capitato, per nessuna manifestazione, di trovare parcheggio negli spazi non a pagamento; già penso che ci sia poca gente. Ed è così: la fila per il biglietto è brevissima (tutti aspetti positivi, naturalmente, dal punto di vista dell’utente, forse un po’ meno da quello della manifestazione) – ingresso a 10 euro, 5 per me grazie alla riduzione per insegnanti, forse un po’ caro per essere la prima edizione, no? -, all’interno si gira tra gli stands agevolmente. Prima impressione, inevitabilmente data dal confronto con Torino: deserto! Mi inoltro tra sale e banchetti; cartina alla mano (di mio marito, fosse per me girerei disordinatamente tornando mille volte nello stesso punto) comincio a cercare alcuni editori da cui devo acquistare. Credo di aver trovato il primo, ma mi accorgo che è solamente un piccolo tavolo senza libri esposti ed una signora seduta che non si preoccupa minimamente della mia presenza, anche se sembro un avvoltoio che continua a girare attorno alla probabile preda. Penso allora che la signora non c’entri nulla, e invece è proprio quella dell’editore, rappresentato da un cartello sopra al suddetto tavolo: peccato che manchi completamente lo stand! Non mi capacito, ma dopo aver insistito un po’ vado avanti per la mia strada. Man mano che mi addentro nel cuore della fiera (sono solo due padiglioni, ma abbastanza ben organizzati) mi accorgo che molti degli stands sembrano un po’ sottotono, piccoli, con pochi libri esposti. Sarà un’impressione, ma non sono convinta. Comunque alla fine comincio a comprare, trovo anche alcuni dei libri che mi ero segnata, quindi sono abbastanza soddisfatta. Un cosa mi stupisce: non vedo file (tranne una, mi sembra di intravedere Zerocalcare che firma e fa dediche; piace vincere facile); davanti alle sale che ospitano conferenze poi, neanche l’ombra, anche se i personaggi famosi non mancano (lo so, non dovrebbe essere questo il criterio per scegliere di assistere ad una conferenza, ma lo è, spesso): Concita De Gregorio, Luìs Sepùlveda, Chiara Gamberale, Marco Malvaldi, solo per citarne alcuni. Niente fila nemmeno al bar all’ora di pranzo! Il mio giro dura circa tre ore (contro le sei, in media, di Torino), visto tutto quello che mi interessava (a Torino devo sempre rinunciare a qualcosa). Alla fine mi è sembrato un bel giro in una grande libreria. Mi sono fermata a parlare con un editore, che mi ha chiesto cosa pensassi della manifestazione; ero un po’ titubante, gli ho risposto che mi stavo ancora facendo un’idea, ma lui ha notato la mia espressione poco convinta. Mi ha detto: “Posso dirle cosa penso io? È sempre stato a Torino e per me deve continuare là”. Sono d’accordo. Peccato. Ma è vero, è stata la prima edizione, e alle spalle ha avuto molte polemiche e problematiche, forse anche poco tempo; non c’è dubbio che cambierei le date, ma forse un po’ di fiducia potrei anche dargliela, per un altro anno.

Ultima cosa: ho incrociato Appendino e Chiamparino: avranno esultato? Temo di sì.